Cosa prevede il Codice della Strada riguardo le bici elettriche sulle strade italiane? Partiamo da una premessa: le bici elettriche sono biciclette equipaggiate con un motore elettrico e possono essere di due tipi: a pedalata assistita o a funzionamento autonomo. Le bici a pedalata assistita sono equiparate ai velocipedi e provviste di un motore elettrico ausiliario che si attiva esclusivamente quando si azionano i pedali. Il motore, quindi, non sostituisce il lavoro delle gambe ma le aiuta a fare meno fatica. Le bici elettriche a funzionamento autonomo rientrano invece nella categoria dei ciclomotori, e sono dotate di un motore elettrico che svolge il suo lavoro indipendentemente dal fatto che si pedali o meno.
Per essere considerate biciclette a pedalata assistita, le bici elettriche devono rispettare i requisiti della direttiva europea 2002/24/CE, recepita in Italia nel 2004. I requisiti sono i seguenti: 0,25 kW di potenza massima del motore a regime di rotazione; assistenza del motore elettrico fino alla velocità di 25 km/h; interruzione dell’assistenza se il ciclista smette di pedalare. In pratica l’aiutino del motore è permesso solo fino al raggiungimento dei 25 km/h e soltanto se il ciclista “collabora” con le sue gambe. È anche possibile disattivare il motore e utilizzare il veicolo come una bici normale. Come scritto nel paragrafo precedente, i mezzi con queste caratteristiche rientrano nella categoria dei velocipedi, disciplinati dagli articoli 50, 68 e 182 del Codice della Strada. Ciò significa che i possessori di bici a pedalata assistita devono osservare su strada le stesse norme dei possessori di bici tradizionali.
Le bici elettriche a funzionamento autonomo, dette anche biciclette a motore, sono diverse perché dispongono di un acceleratore che attiva il motore a prescindere dall’azione della pedalata. In altre parole, “vanno da sole”. Hanno inoltre una potenza ben superiore a 0,25 kW e possono raggiungere una velocità massima di 45 km/h. Sono quindi più simili a scooter che a biciclette. Non a caso il Codice della Strada include questi mezzi nella categoria dei ciclomotori, regolandoli alla medesima maniera. Per utilizzare le bici elettriche a funzionamento autonomo bisogna perciò munirsi di casco, assicurazione RC moto, targa, patentino, documenti, specchietto retrovisore e fari di posizione. In caso contrario la circolazione è ammessa solo all’interno di aree private, come per esempio aree interne a capannoni industriali, parchi e giardini privati, fiere del settore, ecc.
Data la relativa semplicità con cui è possibile modificare la limitazione dei 25 km/h delle bici elettriche a pedalata assistita, portandola ai 45 km/h delle bici a funzionamento autonomo, sulla strade di molte città italiane si vedono troppo spesso ciclisti, soprattutto giovani o giovanissimi, che sfrecciano a velocità inaudite (per una bicicletta) senza indossare il casco e senza alcun segno di riconoscimento, come la targa. Mettendo a serio repentaglio l’incolumità di se stessi e degli altri. È inutile ricordare che chi circola su una bici elettrica “truccata” compie un’azione vietata dalla legge.
E un’azione così può condurre a conseguenze e a sanzioni molto pesanti. Si parte da una multa di 79 euro più il fermo amministrativo del veicolo per trenta giorni se si circola senza targa, passando per i 158 euro se si viaggia sprovvisti di certificato di circolazione e immatricolazione e gli 868 euro per la mancata copertura assicurativa (in entrambi i casi si applica pure il sequestro amministrativo ai fini della confisca del mezzo), per finire con i 5.110 euro e il fermo amministrativo per tre mesi previsti in caso di assenza di patente.