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MORTO FELICE GIMONDI, LA STORIA E LE VITTORIE DI UN CAMPIONE SEMPLICE

FELICE GIMONDI CICLISMO VITA VITTORIE

Un altro pezzo di storia dello sport, ma non solo, ci ha salutati. Felice Gimondi, una delle icone del ciclismo professionistico degli anni '70 e '80 è morto per un malore mentre faceva il bagno nelle acque di Giardini Naxos, vicino a Taormina. L'ex grande campione del ciclismo italiano avrebbe compiuto 77 anni il prossimo 26 settembre.
Quando si è sentito male stava facendo il bagno. Nello specchio d'acqua è intervenuta anche una motovedetta della Guardia Costiera, ma tutti i tentativi di rianimarlo da parte dei medici sono stati inutili. L'ex campione italiano di ciclismo, che era sofferente di cuore, secondo i soccorritori sarebbe morto per un infarto.


Felice Gimondi ha scritto la storia del ciclismo. Altro che "eterno secondo", come qualcuno l'aveva definito per quella lunga e durissima sfida con Eddy Merckx ed i tanti piazzamenti alle spalle del belga. Originario di Sedrina, in Val Brembana, classe 1942, fu l'unico a resistere alla vena vorace del 'Cannibale' Merckx, secondo in assoluto - dopo Anquetil - a completare la Tripla Corona nei Grandi Giri, campione del Mondo nel 1973 a Barcellona, padrone del pavé di Roubaix e delle insidie della Sanremo. Gianni Brera, che ne descrisse le imprese, per lui aveva coniato i soprannomi Felix de Mondi e Nuvola Rossa. La sua carriera cominciò nel decennio dopo la fine di quella di Magni.

Si presentò al Tour de France del 1965, vinse a sorpresa e solo l'indomani si dimise da postino, "perché al posto di lavoro ci tenevo" spiegò. Quel Tour, per l'esuberanza fisica e il modo spericolato di correre, è uno dei tre momenti fondamentali della sua carriera. "Poi c'è il Giro del 1976 (il terzo vinto dopo quelli del '67 e del '69, ndr), quando in gruppo ero considerato un vecchietto, per la tattica e la gestione della corsa - raccontò lui stesso anni dopo - E il Campionato del Mondo (del 1971), per averci creduto fino in fondo anche sapendo di essere battuto", ancora una volta dal 'Cannibale'. Quello era un po' il motto di Gimondi, costretto ad arrendersi solo contro Merckx.
Rimase a lungo la sua "delusione più grande" essere battuto dal belga a cronometro per la prima volta, al Giro di Catalogna: "Ho impiegato due anni a capirlo: Merckx era più forte di me". "Dietro alla sua ruota ci sarò" recita anche un verso della canzone che gli dedicò Enrico Ruggeri, "Gimondi e il Cannibale".

L'ultimo giro d'Italia cui partecipò fu quello del 1978: si piazzò undicesimo, ma contribuì in maniera decisiva al successo finale di Johan De Muynck, che aveva battuto due anni prima, ora diventato suo compagno di squadra.

Concluse la carriera su strada nell'ottobre 1978 partecipando al Giro dell'Emilia. Sotto contratto da professionista con la Bianchi-Faema anche nel 1979, ottenne come ultimo piazzamento, nel febbraio di quell'anno, il terzo posto nel campionato italiano di omnium indoor. Nelle quindici stagioni da pro vinse in totale 141 corse. Dopo il ritiro Gimondi fu direttore sportivo della Gewiss-Bianchi nel 1988, e successivamente, nel 2000, presidente della Mercatone Uno-Albacom, la squadra di Marco Pantani.







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